Fusione TIM Open Fiber: l'operatore wholesale only è contrario

Una dichiarazione di Luigi Gubitosi, amministratore delegato di TIM, innesca la polveriera. Open Fiber risponde che il modello usato dalla società è apprezzato a livello europeo e utilizzato con soddisfazione da tutti gli altri operatori di telecomunicazioni italiani.

All’inizio dell’estate scorsa TIM e Open Fiber avevano sottoscritto un accordo formale per evitare la “fuga di notizie” sugli aspetti legati a una possibile intesa tra le due società sul tema delle reti: TIM e Open Fiber: sulla rete c’è un accordo in vista?.
Soprattutto nell’ultimo periodo, però, si fanno sempre più tambureggianti le dichiarazioni provenienti dall’una e dall’altra parte con l’amministratore delegato di TIM, Luigi Gubitosi, che ieri – in occasione di un evento dedicato al 5G – che ha manifestato la disponibilità per la creazione di una rete unica bollando come sconveniente la creazione di un operatore di telecomunicazioni “dis-integrato”.

Con l’aggettivo “dis-integrato“, Gubitosi ha evidentemente voluto fare riferimento a Open Fiber sostenendo che favorirne le attività affinché continui a operare in maniera indipendente (“non integrata”, appunto) non sarebbe qualcosa di auspicabile.

La replica di Open Fiber non si è fatta attendere. L’azienda guidata da Elisabetta Ripa ed equamente compartecipata da Enel e Cassa Depositi e Prestiti fa presente – come peraltro più volte sottolineato – che il modello wholesale-only sul quale basa il suo business, è stato invece riconosciuto (insieme all’importanza del coinvestimento aperto) nel recente Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche oltre che nell’ultima indagine congiunta AGCOM-AGCM.

Vale la pena ricordare che Open Fiber è tutt’altro che “dis-integrata“: la società si occupa di realizzare la rete interamente in fibra ottica, dispone di una sua dorsale, utilizza investimenti privati per il suo piano di sviluppo in 271 città italiane (vedere La fibra Open Fiber 1 Gbps arriva in altre città d’Italia: l’elenco completo) e fondi pubblici per colmare il divario digitale nelle aree bianche (bandi Infratel Italia). Non vende direttamente i servizi di connettività ma, appunto, “si integra” con i provider di telecomunicazioni che possono appoggiarsi alla rete Open Fiber per raggiungere fette ancora più ampie della popolazione.
La stragrande maggioranza degli operatori ha stretto la mano a Open Fiber collaborando sia per la copertura nelle 271 città che nelle aree bianche mentre TIM, ad oggi, ha preferito correre da sola.

Il modello usato da Open Fiber, peraltro ampiamente applicato nel resto dell’Europa (vedere Open Fiber e gli altri operatori wholesale only che si occupano di reti in fibra formano un’alleanza e Open Fiber traccia il futuro degli operatori wholesale only e open access con gli altri membri), secondo l’azienda, “ha riscosso l’approvazione di tutti gli operatori del mercato italiano che hanno sottoscritto accordi (…) fatta eccezione per TIM che (…) ancora non ha dato seguito alle sue dichiarazioni“.

Allo stato attuale non sembrano quindi esserci margini di manovra per un’eventuale acquisizione di Open Fiber da parte di TIM. L’operazione viene giudicata dai vertici di Open Fiber come “né auspicata dagli altri operatori sul mercato né coerente con i principi di concorrenza“.

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