Google, guai in vista: violato il contratto dei dipendenti YouTube Music

Google e YouTube Music, alcuni dipendenti si muovono contro l'azienda per la questione smart working: ecco cosa sta succedendo
Google, guai in vista: violato il contratto dei dipendenti YouTube Music

Neanche il tempo di risolvere una causa da 5 miliardi di dollari che Google deve di nuovo avere a che fare con giudici e tribunali.

Questa volta il colosso di Mountain View deve vedersela con il National Labor Relations Board, secondo cui  l’azienda si è rifiutata di sottoscrivere un contratto con un gruppo di appaltatori di YouTube Music.

Secondo la giuria, nonostante le smentite di Google e del subappaltatore Cognizant, queste due entità sarebbero effettivamente i datori di lavoro di un team, con ufficio ad Austin, che lavorano sull’algoritmo della piattaforma di streaming audio.

Secondo quanto sentenziato dalla giuria, infatti “In tutti i momenti rilevanti, i convenuti Cognizant e Google hanno codeterminato i termini e le condizioni essenziali di impiego dei dipendenti impiegati presso la struttura di E. Parmer Lane e sono stati datori di lavoro congiunti“.

YouTube Music e Google: solo l’ultima delle grane da risolvere per il colosso tencologico

I problemi relativi a Google rispetto ai lavoratori di YouTube Music sono iniziati lo scorso anno, con contrasti per quanto riguarda la possibilità di lavorare attraverso smart working. La società infatti, ha chiesto ai dipendenti di tornare negli uffici di Austin abbandonando il lavoro da casa: una condizione considerata inaccettabile, visto lo stipendio offerto agli stessi.

Per il colosso informatico, tra l’altro, non è il primo caso di questo tipo. Già lo scorso novembre era stata emessa una sentenza simile che ha coinvolto due settori interni (la sezione Bard e quella Search), che hanno chiesto di riconoscere Google e Accenture come datori di lavoro congiunti.

Come già affermato in precedenza, per l’azienda questo è solo l’ultimo dei tanti problemi che sta affrontando in questi ultimi mesi. In tal senso, basti pensare alla questione Apple, con il tentativo di integrare il motore di ricerca Google come predefinito su iPhone (e relative grane).

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