Il panorama della distribuzione delle applicazioni mobile sta per subire una trasformazione profonda, e a guidare questo cambiamento è Google.
A partire da novembre 2025, la società di Mountain View introdurrà una nuova politica che impone la verifica degli sviluppatori per chiunque desideri distribuire software su dispositivi Android, senza eccezioni rispetto al canale di distribuzione scelto. Questo significa che ogni sviluppatore, dal grande publisher alla singola realtà indipendente, dovrà fornire dati personali completi, dettagli aziendali e informazioni tecniche sul software proposto.
L’intento dichiarato è quello di arginare la proliferazione di malware e pratiche fraudolente, soprattutto in quei mercati dove il sideloading rappresenta una via privilegiata per la diffusione di app non controllate.
La mossa di Google per contrastare le truffe digitali
La decisione di Google si inserisce in una strategia globale volta a rafforzare la sicurezza dell’ecosistema Android. In particolare, l’attenzione è rivolta al Sudest asiatico, dove la diffusione di app malevole e attacchi di phishing ha raggiunto livelli preoccupanti. Collegare un’identità verificata alle applicazioni rappresenta, secondo il colosso californiano, un ostacolo significativo per i criminali digitali, che trovano più difficile monetizzare attività illecite mantenendo l’anonimato.
Il piano d’azione prevede una roadmap precisa: la prima fase, denominata “accesso anticipato”, partirà nel corso di questo mese e coinvolgerà un numero selezionato di sviluppatori tramite inviti progressivi. A marzo 2026, la procedura di verifica degli sviluppatori verrà estesa a tutti, senza più distinzioni. Settembre 2026 segnerà l’inizio dell’obbligatorietà in quattro mercati pilota – Brasile, Indonesia, Singapore e Thailandia – per poi arrivare a una copertura globale nel corso del 2027.
Nonostante le intenzioni dichiarate, la nuova policy non ha mancato di sollevare perplessità e critiche. La comunità degli sviluppatori indipendenti, insieme agli utenti più esperti, teme che l’aumento della burocrazia possa tradursi in una barriera d’accesso insormontabile per i piccoli innovatori. Il rischio, secondo molti, è che la verifica obbligatoria favorisca i grandi publisher e soffochi l’innovazione dal basso, creando una sorta di selezione naturale in cui solo chi dispone di risorse adeguate può permettersi di continuare a sviluppare e distribuire app liberamente.
Un ulteriore elemento di discussione riguarda la gestione dei dati richiesti per la verifica. Oltre alle informazioni personali e aziendali, Google richiederà dettagli tecnici come la chiave di firma delle app e, per le aziende, l’identificativo DUNS. Questo solleva interrogativi sulla tutela della privacy degli sviluppatori e sulla trasparenza nell’utilizzo delle informazioni raccolte. Esperti di diritto digitale e privacy sottolineano la necessità di garantire procedure di ricorso efficaci in caso di errori o abusi, nonché la massima attenzione al trattamento dei dati sensibili.
Non mancano le polemiche
Consapevole delle critiche, Google ha previsto alcune eccezioni per mitigare l’impatto della nuova policy. Tra queste, un “flusso avanzato” che consentirà comunque l’installazione di app provenienti da fonti non verificate, seppur accompagnate da avvisi di sicurezza che informeranno l’utente dei potenziali rischi. Inoltre, è stato pensato un account speciale per studenti e hobbisti, che potranno distribuire le proprie applicazioni su un numero limitato di dispositivi senza dover completare l’intero processo di verifica.
Dal punto di vista della sicurezza, molti esperti vedono nella mossa di Google un passo avanti importante nella lotta contro il malware e le truffe digitali. L’associazione tra identità reale e applicazione rende più difficile l’operato dei malintenzionati e aumenta la fiducia degli utenti nel download di nuove app. Tuttavia, rimane aperta la questione dell’equilibrio tra protezione e libertà: troppo controllo potrebbe soffocare la creatività e l’innovazione, valori che hanno da sempre contraddistinto la piattaforma Android.