Il piano segreto di Facebook che "spiava" gli utenti Snapchat

Alcune e-mail rivelano come Facebook studiava il traffico crittografato di Snapchat per essere più competitivo.

A quanto pare Facebook avrebbe lanciato un progetto segreto per intercettare e decrittografare il traffico relativo all’app Snapchat.

Secondo quanto emerso, l’obiettivo di questo piano era di esaminare il comportamento dell’utenza per poter ottenere vantaggi competitivi rispetto al social network concorrente. Questo è quanto emerso rispetto a quello che è stato battezzato Project Ghostbusters, in chiaro riferimento al logo di Snapchat.

I documenti pubblicati dal tribunale federale della California andrebbero a confermare quanto avvenuto, mettendo nei guai Meta. Secondo la documentazione, la piattaforma che possiede Facebook avrebbe cercato di ottenere vantaggio sulla concorrenza analizzando il traffico di rete di Snapchat e non solo (si parla anche di Amazon e YouTube).

Visto che Snapchat, così come tanti altri servizi simili, adotta un sistema di crittografia, Meta ha utilizzato una tecnologia adatta per eludere tale protezione.

A confermare le intenzioni di Meta vi sono svariate e-mail tra personale Facebook in cui viene discusso il piano d’azione.

Facebook spiava gli utenti Snapchat: le prove sono alcune e-mail

Per “scardinare” il sistema di crittografia adottato da Snapchat, gli ingegneri di Facebook sembrano aver usato Onavo, servizio simile alle classiche VPN acquisita nel 2013 dal suddetto social network.

Nonostante la chiusura di tale servizio, avvenuta nel 2019, le infrastrutture sono rimaste e sono state adoperate da Meta proprio nel contesto del Project Ghostbusters.

Di fatto, Meta sembra essersi comportata come fanno alcuni hacker con gli attacchi definiti man-in-the-middle, frapponendosi sul traffico tra un dispositivo e il server della piattaforma.

Un intervento di questo tipo, di fatto, consente all’attaccante di leggere i dati trasmessi, ottenendo informazioni sensibili come nome utente, password e altri dati. Il tutto, come già detto, avveniva grazie a Onavo.

Nel 2020, attraverso un’operazione avviata da Sarah Grabert e Maximilian Klein, è stata intentata una class action nei confronti di Facebook, con la piattaforma accusata di aver estratto n modo ingannevole dati degli utenti per aumentare la propria competitività rispetto ai concorrenti.

A quattro anni di distanza, queste accuse si sono rivelate alquanto fondate.

Fonte: techcrunch.com

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