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Una svolta senza precedenti sta ridefinendo gli equilibri delle forniture tecnologiche mondiali: l’India ha ufficialmente superato la Cina come principale fornitore di smartphone destinati agli Stati Uniti.
Secondo i dati Canalys, riportati da Bloomberg, nel secondo trimestre dell’anno la quota di mercato indiana ha raggiunto il 44%, mentre quella cinese si è fermata al 25%. Questo cambiamento epocale segna un vero e proprio punto di rottura nella storia delle relazioni commerciali internazionali e nell’organizzazione della supply chain globale.
Gli USA si staccano dalla Cina
Fino a poco tempo fa, la Cina deteneva una posizione dominante, controllando oltre il 60% delle esportazioni di smartphone verso il mercato americano. Tuttavia, in appena dodici mesi, la sua influenza si è drasticamente ridotta, evidenziando come le tensioni geopolitiche e le strategie aziendali possano rimodellare rapidamente le catene produttive mondiali.
Al centro di questa trasformazione si trova la strategia di Apple. L’azienda di Cupertino ha più che triplicato la propria produzione di iPhone in India, riducendo così la dipendenza dagli stabilimenti cinesi.
Questa decisione non è casuale: riflette le crescenti tensioni commerciali tra Washington e Pechino e la volontà di mitigare i rischi legati a possibili nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti.
L’approccio di Apple rappresenta un esempio emblematico di come la diversificazione geografica delle attività produttive sia diventata una priorità per le grandi multinazionali del settore elettronico.
Il fenomeno, però, non riguarda solo l’India. Anche il Vietnam si è imposto come secondo esportatore di smartphone verso gli Stati Uniti, consolidando il proprio ruolo nella supply chain tecnologica internazionale.
Aziende come Samsung e altri produttori hanno seguito la stessa rotta di diversificazione, spostando parte delle loro attività produttive in Paesi ritenuti più stabili o vantaggiosi dal punto di vista dei costi e delle politiche governative.
Il processo non è ancora finito
È importante sottolineare che, nonostante l’espansione della produzione in India, la maggior parte degli iPhone viene ancora assemblata in Cina.
Apple ha annunciato investimenti per 500 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni, ma una completa rilocalizzazione della produzione sul suolo americano appare improbabile nel medio termine.
Le complesse dinamiche della supply chain globale rendono difficile, se non impossibile, un trasferimento totale delle attività in tempi brevi.
L’ascesa dell’India come nuovo hub manifatturiero tecnologico risponde a molteplici fattori: la presenza di costi competitivi, politiche governative favorevoli e un mercato interno in rapida espansione.
Questi elementi hanno spinto sempre più aziende del settore elettronico a considerare il subcontinente come valida alternativa alla Cina.
La diversificazione delle sedi produttive, infatti, rappresenta oggi una strategia imprescindibile per chi vuole tutelarsi dai rischi geopolitici e dalle fluttuazioni del mercato globale.