Piracy Shield è una piattaforma tecnologica nazionale introdotta in Italia e operativa dal 1° febbraio 2024, sviluppata e gestita dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) per contrastare la pirateria online, in particolare quella legata allo streaming illegale di eventi sportivi e altri contenuti audiovisivi protetti da copyright.
La piattaforma è stata istituita con la Legge 93 del 14 luglio 2023 e consente ai titolari dei diritti, come broadcaster sportivi e società di intrattenimento, di segnalare in tempo reale i siti e gli indirizzi IP che trasmettono contenuti piratati. Una volta ricevuta la segnalazione, il meccanismo alla base di Piracy Shield ordina agli Internet Service Provider di bloccare l’accesso ai domini o agli indirizzi IP segnalati entro 30 minuti, rendendo così irraggiungibili le fonti illegali.
Anche i DNS Google sono della partita e bloccano gli indirizzi pirata
Con una nota diramata in queste ore, AGCOM spiega che lo scorso 23 maggio – in occasione dell’anticipo delle due principali partite dell’ultima giornata del campionato di Serie A – l’Autorità ha svolto una sperimentazione con Google, in qualità di fornitore di servizi di DNS pubblicamente disponibili e soggetto gestore di motore di ricerca, finalizzata all’adempimento degli obblighi previsti dalla legge antipirateria e alla luce delle previsioni recate dall’art. 9 del Regolamento sui servizi digitali (DSA).
Sì, perché la normativa più recente prevede che un numero di soggetti sempre più ampio concorra a bloccare le trasmissioni pirata. Si va dai prestatori di servizi digitali (dal motore di ricerca al provider di posta elettronica, dal fornitore di spazio cloud alla piattaforma di messaggistica, dalla suite per l’ufficio online a qualunque soluzione per la collaborazione e la produttività) ai gestori di server DNS e, addirittura, alle VPN.
Google collabora con AGCOM
I resolver DNS Google sono tra i più utilizzati al mondo e sono adoperati comunemente, ad esempio in sostituzione di quelli forniti dal provider Internet italiano, non solo per beneficiare di una risoluzione dei nomi di dominio più rapida ma anche per superare restrizioni imposte a livello locale.
Da fine maggio scorso, quindi, anche Google ha deciso di salire sul treno Piracy Shield, assicurando la possibilità di bloccare l’accesso ai siti indicati dalla piattaforma AGCOM. Ovviamente, gli interventi sono limitati al blocco di “indirizzi mnemonici”: nulla possono i DNS Google rispetto al blocco di singoli indirizzi IP (attività che resta in capo ai provider Internet).
AGCOM si dichiara comunque soddisfatta per il riscontro ottenuto da Google: “la sperimentazione ha consentito la tempestiva segnalazione a Google, da parte dell’Autorità, delle risorse segnalate dai titolari dei diritti tramite Piracy Shield e l’esecuzione dei relativi ordini“, si legge nel comunicato. “Gli esiti della sperimentazione segnano un punto importante nel contrasto alla pirateria digitale“.
AGCOM mira ad estendere i blocchi di Piracy Shield ad altri soggetti, VPN comprese
Come abbiamo a suo tempo osservato in un nostro articolo, le VPN non sono vietate in Italia e il loro utilizzo continuerà ad essere ammesso.
Tuttavia, ribadisce anche il commissario AGCOM Massimiliano Capitanio, l’obiettivo è adesso proprio quello di estendere l’applicazione di Piracy Shield anche alle VPN. L’Autorità auspica che anche i soggetti che gestiscono le VPN possano adottare misure automatizzate per bloccare i siti pirata entro 30 minuti dalla segnalazione di AGCOM.
Il fatto è che la stragrande maggioranza delle VPN ha sede in Paesi con una loro propria giurisdizione e spesso fuori dall'”influenza” dei governi occidentali. Difficile che le prescrizioni normative di un singolo Stato come l’Italia possano essere applicate da ogni singola VPN. E soprattutto da tutti quei servizi che dichiarano di sfruttare un approccio “no-log“, senza quindi in alcun modo registrare le attività degli utenti.
AGCOM plaude comunque alla presa di posizione di Google e si augura che “analoghe iniziative siano tempestivamente assunte anche dagli altri prestatori di servizi coinvolti a qualunque titolo nell’accessibilità ai contenuti illegali“.
L’Autorità comunica inoltre che ad oggi il numero di blocchi attuati tramite Piracy Shield è pari a circa 55.504, di cui 44.602 FQDN e 10.902 IP. L’acronimo FQDN indica i nomi di dominio completi (“indirizzi mnemonici”) che risultano bloccati. Il blocco mediante indirizzo IP è invece più complesso perché vi è sempre il rischio di rendere inaccessibili servizi assolutamente legittimi che si trovano a condividere lo stesso IP con i servizi pirata.