Sam Altman: OpenAI non vuole aiuti di Stato e punta a 100 Miliardi di fatturato entro il 2027

Sam Altman, CEO di OpenAI, smentisce le speculazioni su richieste di garanzie statali per i data center dell'azienda, spiegando che l'obiettivo è incentivare un ecosistema industriale robusto per l’AI, simile al sostegno alla produzione di semiconduttori.

Nel pieno del dibattito sulla sostenibilità economica dell’intelligenza artificiale e sul peso che l’infrastruttura di calcolo esercita sulle risorse energetiche globali, Sam Altman, CEO di OpenAI, ha chiarito che la società non intende chiedere — né accettare — garanzie governative per i propri data center. “Non abbiamo, né vogliamo, garanzie statali per i data center di OpenAI”, ha scritto Altman su X, ponendo fine a un’ondata di speculazioni nate dopo le dichiarazioni della direttrice finanziaria Sarah Friar.

Il nodo delle garanzie e la distinzione tra supporto e sussidio

Le parole di Altman arrivano in risposta a un documento presentato dalla stessa OpenAI alla Casa Bianca, nel quale l’azienda proponeva di includere i data center per l’intelligenza artificiale e le relative componenti hardware tra i beneficiari dei crediti d’imposta per la produzione avanzata. L’obiettivo: incentivare la produzione statunitense di server AI, trasformatori ad alta tensione, convertitori HVDC e sistemi di trasmissione energetica, tutti elementi critici per sostenere la crescita dell’AI.

La proposta, però, è stata interpretata da alcuni osservatori come una richiesta di intervento pubblico al fine di coprire i costi infrastrutturali dell’AI. Una visione che Altman ha rigettato con fermezza: “puntiamo a essere un’azienda di enorme successo, ma se sbagliamo, la responsabilità è solo nostra”.

L’approccio di OpenAI, stando a quanto dichiarato, non mira quindi a ottenere garanzie dirette o prestiti sovvenzionati, ma a favorire un ecosistema industriale capace di sostenere la domanda crescente di calcolo avanzato. Si tratta di una distinzione cruciale, che separa la logica del sussidio all’impresa da quella della politica industriale strategica.

Dietro le quinte: OpenAI come catalizzatore della politica industriale USA

Nel documento del 27 ottobre, inviato all’Office of Science and Technology Policy (OSTP), OpenAI suggerisce al governo statunitense di trattare l’infrastruttura AI con la stessa priorità strategica riservata alla produzione di semiconduttori. L’idea è quella di accorciare drasticamente i tempi di fornitura dei componenti critici della rete elettrica, passando “da anni a mesi”.

Se approvata, tale misura non andrebbe a beneficio esclusivo di OpenAI, ma di un intero ecosistema di hyperscaler, produttori di hardware e fornitori di energia, che potrebbero sfruttare incentivi e sovvenzioni per accelerare lo sviluppo dei cluster AI di nuova generazione.

Microsoft, la scommessa da un miliardo e l’evoluzione del modello di business

Il rapporto tra OpenAI e Microsoft resta uno dei pilastri strategici dell’attuale panorama tecnologico. La partnership, nata nel 2019 con un investimento iniziale di 1 miliardo di dollari — all’epoca osteggiato dallo stesso Bill Gates — ha garantito a OpenAI un vantaggio di circa due anni sulla concorrenza nello sviluppo di ChatGPT e dei modelli GPT-4 e GPT-5.

Di recente, le due aziende hanno firmato un nuovo accordo che consente a OpenAI di operare come Public Benefit Corporation (PBC), svincolandosi dai limiti di profitto del precedente assetto. Questa trasformazione consentirà alla due società di attrarre capitali privati, preparando un futuro ingresso in Borsa di OpenAI, anche se Altman ha smentito che un’IPO sia imminente.

Le finanze sotto i riflettori e la sfida della sostenibilità dell’AI

Nonostante le voci su perdite per multimiliardarie, Altman ha difeso la solidità finanziaria dell’azienda. “Stiamo generando molto più di 13 miliardi l’anno. Se qualcuno vuole vendere le proprie quote, troverò subito un acquirente”, ha affermato con tono deciso.

Secondo Altman, la traiettoria dei ricavi è “in forte crescita”, trainata dalla domanda nei segmenti consumer ed enterprise, ma anche da progetti futuri come dispositivi AI e piattaforme scientifiche automatizzate. “Scommettiamo sul futuro, crediamo che l’AI applicata alla scienza genererà un valore enorme”, ha aggiunto.

Il CEO di Microsoft, Satya Nadella, ha fatto eco alle posizioni espresse da Altman sottolineando la solidità del modello economico nonostante i costi elevati dell’infrastruttura di calcolo.

Il futuro secondo Altman: da laboratorio a piattaforma globale

Il CEO di OpenAI ha infine lanciato una previsione audace: OpenAI potrebbe raggiungere i 100 miliardi di dollari di fatturato già nel 2027, ben 2 anni prima rispetto alle stime più ottimistiche degli analisti.

Un obiettivo ambizioso che riflette la visione di Altman di un’azienda non solo leader nella creazione di modelli linguistici, ma anche nella fornitura di “cloud AI” e dispositivi intelligenti destinati a ridefinire la produttività globale.

Altman e Nadella rigettano insomma l’idea di una bolla AI: ci troviamo nella fase iniziale di un lungo percorso. Molte imprese stanno investendo in AI (capex, cloud, data center, GPU), quindi non è solo “hype” teorico. La crescita dei ricavi e la domanda per infrastrutture AI sono tangibili. Una parte degli acquisti è guidata da risultati e da entrate reali (i.e. ordini di chip, contratti cloud). Alcuni grandi trading desk e banche di investimento ritengono che in futuro ci si possa addirittura attendere una crescita più robusta rispetto al passato.

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