Tor è uno degli strumenti tecnologici più discussi. Nato come progetto militare statunitense, oggi è utilizzato da giornalisti, attivisti, ricercatori, whistleblower, ma anche da criminali informatici. Parallelamente, è finanziato da governi democratici e osteggiato – talvolta criminalizzato – da altri Stati occidentali. Un’apparente contraddizione che solleva una domanda centrale: perché il governo degli Stati Uniti finanzia Tor, mentre in altri Paesi il suo utilizzo è associato a terrorismo o sovversione?
Per rispondere, è necessario analizzare le origini storiche di Tor, le motivazioni strategiche del finanziamento pubblico, il suo ruolo nella politica estera statunitense e le diverse interpretazioni giuridiche dell’anonimato digitale.
Le origini di Tor: un progetto militare, non anarchico
Contrariamente a una narrazione diffusa, Tor non nasce come strumento “anti-governativo”. Le sue radici affondano negli anni ’90 presso lo US Naval Research Laboratory (NRL), dove viene sviluppato il concetto di Onion Routing: ne parliamo in dettaglio nella guida su Tor Browser.
L’obiettivo era di consentire comunicazioni anonime per agenti governativi e militari, proteggere efficacemente le fonti di intelligence, abilitare l’uso di Internet pubblico senza rivelare pattern di traffico.
Un sistema di anonimato efficace richiede una massa critica di utenti civili: se solo militari o diplomatici usassero Tor, l’anonimato sarebbe nullo. Per questo motivo, fin dall’inizio, la tecnologia alla base di Tor fu pensata per essere pubblicamente disponibile e utilizzabile.
Nel 2006 nasce Tor Project, organizzazione indipendente senza scopo di lucro, con lo scopo di mantenere e sviluppare la rete Tor, rendere l’anonimato accessibile a chiunque, promuovere la libertà di informazione online. Da quel momento, Tor evolve come progetto open source, governato da una comunità globale.
Perché il governo USA finanzia Tor oggi
Il finanziamento statunitense a Tor non è un’anomalia, ma una scelta coerente con la dottrina di sicurezza e politica estera USA. Attraverso enti come il Dipartimento di Stato (DRL) e l’Open Technology Fund, il Paese a stelle e strisce finanzia tecnologie che aggirano la censura, proteggono le comunicazioni, favoriscono l’accesso a informazione indipendente.
Tor è considerato uno strumento di supporto a giornalisti in regimi autoritari, utile per la protezione di ONG e attivisti, per l’accesso ai media occidentali in tutti quei Paesi in cui vige una severa censura.
Nel corso dell’anno fiscale 2023–2024, Tor Project ha ricevuto oltre 2,5 milioni di dollari dal governo USA, confermando un legame continuativo con il settore pubblico statunitense (seppur con contributi in calo rispetto al passato). I fondi rappresentano il 35% dei 7,28 milioni di dollari di entrate complessive dichiarate dall’organizzazione, secondo i dati finanziari recentemente pubblicati. Nel 2021–2022, il finanziamento governativo costituiva oltre il 53% delle entrate complessive.
Contestualmente, le donazioni provenienti da aziende e organizzazioni no-profit – tra cui OpenSats, Mullvad e Proton – hanno raggiunto oltre il 21%, mentre i contributi individuali hanno superato 1,1 milioni di dollari, pari al 15,6% del totale.
Tor e legislazioni restrittive in alcuni Paesi
Se, da un lato, gli USA finanziano Tor, non tutti i Paesi giudicano in modo positivo il network che tutela l’anonimato online. In alcuni casi l’uso della rete Tor è addirittura criminalizzato.
Francia: l’uso di Tor non è tecnicamente illegale, ma la legge antiterrorismo può considerare l’anonimato sospetto se correlato a determinate attività online. Era giugno 2023 quando la Francia accostò apertamente Tor, Signal, ProtonMail e Tails a comportamenti terroristici. Quelle considerazioni avevano davvero dell’incredibile, soprattutto perché provenienti da un Paese occidentale e democratico.
Russia, Cina, Iran: Tor e VPN non autorizzate sono spesso bloccati o soggetti a restrizioni severe.
Tor permette anonimato, crittografia e accesso a contenuti censurati, strumenti che possono facilitare dissidenza politica o attività illegali secondo la legge locale. È quindi una rete che, pur essendo creata con intenti di difesa dei diritti civili e privacy, può diventare controversa nei contesti in cui l’anonimato è visto come una minaccia alla sicurezza nazionale.