Tilly Norwood: la prima attrice AI e la rivolta di Hollywood

Tilly Norwood, attrice creata dall'AI di Particle6 e Xicoia, divide Hollywood: agenti interessati e attori in rivolta.

Al centro delle attenzioni del Zurich Film Festival si è distinta una novità che sta già scuotendo le fondamenta del mondo cinematografico: la presentazione di Tilly Norwood, la prima attrice completamente generata tramite Intelligenza Artificiale.

L’annuncio di questa figura digitale, realizzata dallo studio di produzione Particle6 in collaborazione con il talent virtuale Xicoia, ha immediatamente acceso i riflettori su un dibattito che va ben oltre la semplice curiosità tecnologica, toccando temi di identità, creatività e futuro della professione attoriale.

Durante l’evento, l’ideatrice Eline Van der Velden ha svelato la nuova creatura digitale, attirando una platea di produttori, agenti e osservatori del settore. L’entusiasmo iniziale, tuttavia, è stato rapidamente oscurato dalle reazioni della comunità degli attori, che non hanno esitato a esprimere il proprio dissenso attraverso i social network. La voce più netta è stata quella di Melissa Barrera, che su Instagram ha dichiarato: “Spero che tutti gli attori rappresentati dall’agente che fa questo, lo abbandonino. Che schifo, leggete la situazione”.

Un commento che riflette il clima di preoccupazione e, in certi casi, di vero e proprio sdegno, condiviso anche da interpreti come Kiersey Clemons e Mara Wilson, le quali hanno sottolineato il rischio di perdere l’autenticità delle performance e di vedere ridotte le opportunità lavorative.

Attori in rivolta: il mondo del cinema a un punto di svolta?

Di fronte alle critiche, Van der Velden ha tentato di riportare la discussione su toni più costruttivi, descrivendo Tilly Norwood come una “opera d’arte” e uno strumento pensato per arricchire, e non sostituire, la creatività degli attori umani.

Secondo la sua visione, l’AI non dovrebbe essere percepita come una minaccia, ma come una possibilità per espandere i confini espressivi del cinema e per esplorare nuove forme di narrazione. Tuttavia, questa prospettiva non è riuscita a dissipare del tutto i dubbi e le paure di una parte consistente dell’industria. A tal proposito, va inoltre ricordato che di recente è stato sentenziato come l’utilizzo dell’AI nelle produzioni cinematografiche non preclude la candidatura agli Oscar.

Il settore appare oggi profondamente diviso. Da un lato, c’è chi vede in questa innovazione una potenziale rivoluzione tecnica e commerciale, capace di offrire nuove opportunità soprattutto per le produzioni indipendenti, che potrebbero ricorrere a figure digitali per ruoli secondari o di supporto. Dall’altro, si alzano voci critiche che pongono interrogativi di natura etica e artistica: può una performance digitale, priva di vissuto ed esperienza umana, avere lo stesso valore di quella di un interprete reale? E quali sono le implicazioni di una progressiva “virtualizzazione” del mestiere dell’attore?

Questa controversia si inserisce in un contesto già caratterizzato da forti tensioni, come dimostrato dagli scioperi promossi dal sindacato SAG-AFTRA nel 2023. In quell’occasione, la questione dell’uso dell’AI nelle produzioni audiovisive era già emersa come uno dei nodi centrali delle trattative. Con il contratto in scadenza nel 2026, è ormai chiaro che le tecnologie generative saranno al centro dei prossimi negoziati, imponendo all’intero comparto una riflessione approfondita sulle regole da adottare per tutelare il lavoro creativo senza frenare l’innovazione.

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