Digitale terrestre: 8 marzo. Cosa succede e cosa cambia davvero

Cosa cambia davvero con il passaggio a MPEG-4 H.264 AVC per i canali del digitale terrestre dal prossimo 8 marzo.
Digitale terrestre: 8 marzo. Cosa succede e cosa cambia davvero

Come abbiamo scritto in altri articoli sembra oggi quasi anacronistico, nel 2022, dover ancora parlare di codifica MPEG-4 per il digitale terrestre. Perché è questo che succederà il prossimo 8 marzo: in base al decreto approvato in data 21 dicembre 2021, tutte le emittenti televisive italiane attiveranno l’utilizzo della codifica MPEG-4.

L’evento viene presentato come “una data storica”, un passaggio importante, un balzo in avanti. In realtà, all’atto pratico, per la maggior parte degli utenti non cambierà nulla o addirittura comporterà – per i canali non ricompresi tra quelli principali delle varie emittenti – una riduzione della qualità del flusso video. Spieghiamo perché e cosa cambia davvero.

Iniziamo col dire che MPEG-4 è il nome assegnato a un insieme di standard per la codifica dell’audio e del video digitale approvati già nel 1998. MPEG-4 è un “contenitore” per i flussi audio e video: a stretto rigore si dovrebbe parlare di MPEG-4 H.264 AVC (Advanced Video Codec) per riferirsi al formato standard di compressione lossy (con perdita di informazioni) che viene utilizzato.
Gli strumenti di codifica di MPEG-4 H.264 permettono di usare fattori di compressione più elevati rispetto al precedente MPEG-2 H.262: in questo modo è possibile ottenere flussi video più agili da gestire muovendo un quantitativo inferiore di dati.

L’adozione per le trasmissioni di MPEG-4 H.264 non implica automaticamente che i flussi video abbiano una risoluzione Full HD 1080p. Tante emittenti, fino ad oggi, hanno continuato a trasmettere a risoluzioni inferiori con il preciso intento di risparmiare banda e tagliare i costi.
E potranno continuare a farlo: come si evince anche consultando il sito Nuova TV digitale predisposto dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), il decreto approvato a dicembre 2021 obbliga soltanto al passaggio a MPEG-4 ma non contiene indicazioni sulla qualità dell’esperienza visiva.

Cosa succede l’8 marzo 2022

Come anticipato nell’introduzione, tutti i canali sul digitale terrestre dovranno essere trasmessi con la codifica MPEG-4.
A parte chi dispone di apparecchi televisivi “stravecchi”, la data dell’8 marzo 2022 non creerà alcun problema nella ricezione dei canali.

Nell’articolo su come verificare se il televisore è compatibile MPEG-4 abbiamo visto i semplici test che è possibile effettuare: basta portarsi sui canali 501 e successivi. Se si ricevono tali canali non si avrà alcun problema dopo l’8 marzo prossimo.

Il controllo dei canali 100 e 200 non serve a nulla perché non ha niente a che vedere con il passaggio delle emittenti a MPEG-4. Quei due canali speciali servono solamente per verificare la compatibilità del televisore con DVB T2 HEVC a 10 bit.
Il MISE aveva infatti deciso per il passaggio a DVB T2, questo sì standard in grado di compiere un bel balzo in avanti in termini qualitativi, entro giugno 2022. In realtà nei prossimi mesi non ci sarà nessuno switch off che è stato rimandato a data da destinarsi: se ne parlerà, forse, nel 2023 come spieghiamo nell’articolo su cos’è DVB T2 e cosa cambia.

Tornando al passaggio a MPEG-4, dall’8 marzo i canali con numerazione (LCN) da 501 in su passeranno nelle posizioni 1, 2, 3 e così via mentre sui canali 501 e seguenti saranno portati i canali in MPEG-2 per poi “spegnerli” definitivamente in seguito. Questa doppia trasmissione MPEG-4/MPEG-2 si chiama simulcast e riguarderà soltanto i canali principali: le emittenti potranno decidere di spegnere i canali MPEG-2 quando vorranno e comunque entro il 31 dicembre 2022.
È lecito ipotizzare che entro il 30 giugno 2022 la maggior parte dei broadcaster cesserà le trasmissioni in MPEG-2: entro tale data, infatti, tutti gli operatori sono tenuti a lasciare libere le frequenze sui 700 MHz che dal 1° luglio 2022 diventeranno disponibili per gli operatori di telecomunicazioni assegnatari in licenza delle stesse frequenze ai fini dell’erogazione dei servizi mobili su rete 5G.

L’aver a disposizione uno spettro di frequenze più stretto, con la cessione delle frequenze sui 700 MHz, porterà e ha già portato le emittenti sul digitale terrestre ad interrompere le trasmissioni con codifica MPEG-2 e, allo stesso tempo, ridurre il bitrate, soprattutto nel caso dei canali meno seguiti con una qualità video che scende inevitabilmente.

Cosa cambia per la maggioranza degli italiani? L’8 marzo si dovrà procedere con una nuova risintonizzazione del TV per via del cosiddetto refarming ovvero della riorganizzazione delle frequenze usate dai vari broadcaster e dalla rimodulazione dei MUX.

Non c’è quindi affatto l’impellente bisogno di correre ad acquistare un nuovo TV in vista della scadenza dell’8 marzo. Va tenuto presente, inoltre, che alcuni modelli di TV provvedono a effettuare una risintonizzazione in automatico quindi in alcuni casi non ci si accorgerà neppure del cambiamento, se non per via della qualità video più scarsa con alcuni canali “minori”.

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