SSD PCIe 5.0: cosa c'è di nuovo?

Cosa cambia con l'avvento delle nuove unità SSD PCIe 5.0: prestazioni, larghezza di banda, fattore di forma e supporto CXL.
SSD PCIe 5.0: cosa c'è di nuovo?

Le unità a stato solido o SSD si basano sull’uso di memorie flash NAND non volatili. Come nel caso di un hard disk magnetomeccanico gli SSD possono memorizzare i dati che rimangono conservati anche dopo il completo spegnimento del dispositivo. Il principale vantaggio delle unità SSD è che non hanno parti in movimento e non fanno affidamento su di una testina per leggere e scrivere le informazioni.
L’utilizzo di un’interfaccia veloce, come PCI Express, per il trasferimento dati consente performance impensabili con gli hard disk tradizionali.
In un altro articolo abbiamo riassunto le principali differenze tra hard disk e SSD.

La connessione PCI Express di quinta generazione può trasmettere fino a 4 GB/s di dati in parallelo per pin di dati. Ciò significa che le unità a stato solido di tipo M.2 che utilizzano una variante a 4 corsie dello standard saranno in grado di trasmettere fino a 16 GB/s di dati . Tuttavia, questo deve essere qualificato e chiarire fin dall’inizio che le unità progettate per PCIe 4.0 o precedenti non riceveranno un aumento automatico della larghezza di banda.

Come visto nell’articolo dedicato agli SSD PCIe NVMe le unità a stato solido basate su PCIe 3.0 possono trasferire dati fino a 3.500 MB/s e 3.300 MB/s in lettura e scrittura; con PCIe 4.0 fino a 7.000 MB/s e 5.000 MB/s usando schede madri con chipset e processori compatibili.
L’avvento delle unità SSD PCIe 5.0 fa sì che le prestazioni vengano più o meno raddoppiate rispetto alla generazione precedente.

La connessione PCI Express di quinta generazione può trasmettere fino a 4 GB/s su singola pista: ciò significa che gli SSD M.2 che utilizzano lo schema PCIe x4 (4 corsie) sono in grado di trasferire fino 16 GB/s di dati. Ovviamente sia la scheda madre che l’unità SSD devono essere compatibili PCIe 5.0 altrimenti non si potrà beneficiare della più ampia larghezza di banda.

Va detto che il valore di 16 GB/s va considerato puramente teorico: all’atto pratico alcune richieste I/O necessitano di più tempo per essere gestite dilatando le tempistiche di accesso totali. Di conseguenza la larghezza di banda effettivamente rilevata risulterà inferiore.
Ecco perché i primi SSD NVMe PCIe Gen 5 promettono velocità di trasferimento intorno ai 12-13 GB/s. D’altra parte non abbiamo ancora visto unità DRAM-less cioè che non integrano memoria RAM per il controller flash.

In termini di dimensioni degli SSD PCIe finora sono state immesse sul mercato unità con una lunghezza differente ma con la larghezza sempre uguale e pari a 22 mm (tra 22 x 30 mm e 22 x 110 mm). Con l’avvento della quinta generazione di PCIe sembra che saranno disponibili anche varianti più larghe, da 25 mm.
A confermarlo è stata alcune settimane fa Gigabyte che ha fatto esplicito riferimento all’arrivo del formato M.2 25110 Gen. 5 (25 x 110 mm).

I 3 mm di larghezza in più consentiranno l’utilizzo di un dissipatore di calore più grande: maggiore è la velocità di trasferimento dati, maggiore è il calore che deve essere smaltito per mantenere le temperature di lavoro entro una certa soglia e scongiurare fenomeni di thermal throttling.

Insieme con gli SSD PCIe 5.0 debutteranno anche le prime unità compatibili CXL (Compute Express Link).
Quando si utilizza un dispositivo i dati fluiscono frequentemente tra memoria RAM e unità SSD: per accedere alle informazioni e attivarne il trasferimento si usa DMA (Direct Memory Access).

Gli SSD NVMe utilizzano l’interfaccia PCI Express per copiare i dati dalla RAM all’unità a stato solido e viceversa. In questo modo ad esempio le schede grafiche possono avere accesso diretto alle informazioni ed è qualcosa che già viene fatto con PCIe 3.0 e 4.0.

Uno dei motivi per cui il software non sfrutta appieno le potenzialità delle moderne unità SSD ha a che fare con il fatto che i trasferimenti di dati devono essere espliciti a livello di codice.
L’idea di CXL è quella di fornire un “accesso unificato” tra la RAM del sistema e i dispositivi PCI Express. In questo modo il processore vede tutto come un unico blocco omogeneo di memoria automatizzando il meccanismo di accesso e copia da una locazione all’altra e permettendo alle applicazioni di sfruttare al massimo l’unità SSD NVMe senza modifiche al codice.

Infine, in futuro vedremo unità con la capacità di comprimere e decomprimere i dati ad alta velocità. Queste abilità rappresenteranno la chiave per liberare il processore e consentire di aumentare lo spazio di archiviazione. Al momento i PC utilizzano tecnologie in hardware come RTX IO di NVidia e AMD Smart Access Storage tramite l’API Microsoft DirectStorage.
Non tutti disporranno di una scheda grafica di fascia alta quindi la tecnologia per comprimere e decomprimere i dati ad alta velocità debutterà a livello di unità SSD.

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