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Nel panorama digitale contemporaneo, la musica si trova a fronteggiare una delle sfide più insidiose della sua storia: la proliferazione di contenuti generati dall’Intelligenza Artificiale generativa
Album inesistenti, identità di artisti rubate e manipolazioni degli streaming stanno minando la fiducia dei fan e mettendo a rischio la proprietà artistica, in particolare di coloro che non dispongono della visibilità necessaria per difendersi efficacemente. Questo fenomeno, in rapida espansione, evidenzia la fragilità dell’ecosistema musicale nell’era dell’AI e solleva domande cruciali sul futuro dell’autenticità creativa.
La vicenda della cantante folk inglese Emily Portman rappresenta uno degli esempi più lampanti di come la identità digitale degli artisti possa essere compromessa. Portman ha scoperto casualmente la presenza di un album, intitolato “Orca”, distribuito su Spotify, iTunes e YouTube, a lei completamente sconosciuto. Questo disco, prodotto integralmente da una AI generativa, imitava in modo sorprendente sia la sua voce sia il suo stile compositivo, tanto da trarre in inganno persino i fan più attenti. Nonostante le segnalazioni tempestive, la rimozione totale del falso album dalle piattaforme è stata lenta e, in alcuni casi, ancora oggi il contenuto risulta accessibile.
Una situazione insostenibile per gli artisti emergenti
Quello di Emily Portman non è un caso isolato. Anche musicisti come Josh Kaufman e artisti ormai scomparsi, tra cui Blaze Foley e Guy Clark, sono stati vittime di simili clonazioni vocali. Il meccanismo che permette questi raggiri è tanto semplice quanto preoccupante: i truffatori utilizzano distributori digitali terzi per caricare contenuti creati artificialmente, approfittando della mancanza di controlli approfonditi sull’autenticità delle pubblicazioni.
Questo scenario mette in luce la vulnerabilità delle piattaforme di streaming, che ogni giorno vedono il caricamento di circa 99.000 nuovi brani, rendendo quasi impossibile un monitoraggio capillare e tempestivo.
Il fenomeno ha raggiunto livelli ancora più sofisticati con la creazione di progetti come Velvet Sundown, una band interamente fittizia dotata di biografie dettagliate e fotografie di membri inesistenti. Solo dopo aver raggiunto milioni di ascolti e accumulato compensi considerevoli, i creatori hanno svelato la reale natura artificiale del progetto. Questo episodio evidenzia come l’AI generativa possa non solo imitare singoli artisti, ma anche costruire da zero intere identità musicali, mettendo ulteriormente a rischio la proprietà artistica e la percezione di autenticità da parte del pubblico.
La vulnerabilità degli artisti rispetto a questi attacchi è spesso proporzionale alla loro notorietà. Le superstar, forti di team legali e risorse dedicate, possono intervenire rapidamente per tutelare la propria identità digitale. Al contrario, i musicisti emergenti o appartenenti a nicchie di mercato rappresentano bersagli ideali per i truffatori, che approfittano della loro minore capacità di difesa. La facilità con cui è possibile replicare voci, stili e intere carriere grazie all’AI apre scenari inquietanti per il futuro della musica indipendente e di qualità.