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Quando si parla di sicurezza informatica, i limiti vengono costantemente ridefiniti da nuovi record e minacce sempre più sofisticate.
L’ultimo episodio, che ha visto protagonista Cloudflare, segna un nuovo punto di svolta nel panorama globale della difesa digitale: un attacco DDoS senza precedenti, capace di raggiungere la soglia impressionante di 22.2Tbps di traffico malevolo, è stato neutralizzato con successo. Si tratta di una quantità di dati tale da poter trasmettere, in simultanea, un milione di video in risoluzione 4K, un paragone che aiuta a comprendere la portata devastante dell’evento.
L’attacco, seppur di durata estremamente breve – appena 40 secondi – ha raggiunto un volume di 10.6Bpps (miliardi di pacchetti al secondo), un salto quantico rispetto al precedente record di 11,5 Tbps registrato poche settimane prima. Questa escalation mette in luce la crescente capacità offensiva dei gruppi criminali e l’urgenza di soluzioni difensive sempre più avanzate e scalabili.
Un flusso dati paragonabile a un milione di video in risoluzione 4K
Ciò che rende questo episodio particolarmente rilevante non è solo la sua intensità, ma anche la risposta completamente automatizzata messa in campo da Cloudflare. I sistemi di mitigazione dell’azienda hanno riconosciuto e bloccato il flusso di traffico malevolo in tempo reale, senza alcun bisogno di intervento umano. Questa reazione tempestiva ha garantito la continuità dei servizi per gli utenti legittimi, confermando l’efficacia delle strategie di difesa adottate.
Nonostante l’obiettivo specifico e gli autori dell’attacco rimangano avvolti nel mistero, gli esperti concordano sul fatto che dietro operazioni di questa portata si celino solitamente reti botnet di dimensioni colossali. Gruppi come AISURU, già noti per aver compromesso centinaia di migliaia di dispositivi IoT e router sfruttando vulnerabilità non corrette, sono spesso associati a queste campagne su vasta scala. L’impiego di dispositivi poco protetti consente ai malintenzionati di orchestrare attacchi DDoS di potenza inaudita, sfruttando la scarsa attenzione dedicata alla sicurezza dei device connessi.
Gli attacchi volumetrici, come quello appena respinto, puntano a saturare le risorse di rete del bersaglio con un’enorme quantità di traffico. Anche se durano solo pochi secondi, possono provocare danni significativi, sia dal punto di vista operativo che reputazionale. L’interruzione dei servizi, anche se temporanea, può comportare perdite economiche e una diminuzione della fiducia da parte dei clienti e partner commerciali.
Questo episodio mette in evidenza due esigenze fondamentali per il futuro della sicurezza informatica: da un lato, la necessità di infrastrutture difensive estremamente scalabili e completamente automatizzate, in grado di gestire picchi di traffico mai visti prima; dall’altro, l’urgenza di strategie efficaci per ridurre la base di dispositivi vulnerabili, in particolare nel mondo IoT, che rappresentano il bersaglio privilegiato per la creazione di nuove botnet.