Bruxelles vuole dire addio ai banner dei cookie: la svolta della Commissione UE

La Commissione Europea propone di riformare la legge sui banner dei cookie per semplificare la navigazione online, bilanciando privacy e competitività digitale.
Bruxelles vuole dire addio ai banner dei cookie: la svolta della Commissione UE

Navigare sul web senza essere interrotti da continui pop-up per accettare o rifiutare i cookie è un sogno condiviso da milioni di utenti europei. E ora, questa prospettiva sembra finalmente più vicina grazie all’iniziativa della Commissione Europea, pronta a riscrivere le regole che hanno segnato l’esperienza digitale degli ultimi quindici anni. Al centro del dibattito c’è la tanto discussa cookie law del 2009, una normativa che, seppur nata per rafforzare la privacy degli utenti, si è trasformata in una sequenza infinita di banner cookie che molti ormai chiudono automaticamente, spesso senza nemmeno leggere. Adesso, secondo quanto riporta Politico, la Commissione UE starebbe preparando una nuova legge.

La nuova legge UE sulle Privacy Policy

La riforma, prevista entro la fine dell’anno, promette di essere un vero e proprio cambio di paradigma nella regolamentazione europea della data protection. L’obiettivo dichiarato da Bruxelles è quello di semplificare la burocrazia digitale, permettendo agli utenti di gestire le proprie preferenze direttamente dal browser, senza dover concedere il consenso cookie su ogni singolo sito visitato. Un cambiamento che punta a restituire fluidità e consapevolezza all’esperienza online, liberando i cittadini da quella che è diventata una vera e propria “fatica del consenso”.

I cookie, strumenti tecnici essenziali per il funzionamento di moltissimi siti, sono anche tra i principali responsabili del tracciamento delle abitudini di navigazione. Ed è proprio qui che la Direttiva e-Privacy del 2009 aveva voluto intervenire, imponendo regole stringenti per la raccolta dei dati. Tuttavia, l’effetto ottenuto è stato spesso controproducente: la sovrabbondanza di richieste di autorizzazione ha svuotato di significato il gesto stesso del consenso, trasformandolo in un automatismo privo di reale consapevolezza.

Non è un caso che esperti come l’avvocato Peter Craddock, voce autorevole nel campo della protezione dei dati, sintetizzino così il problema: “Troppo consenso uccide il consenso”. Un’affermazione che fotografa perfettamente la situazione attuale, in cui gli utenti accettano tutto senza nemmeno leggere cosa stanno accettando, pur di levarsi di mezzo il fastidioso banner.

Il nuovo approccio proposto dalla Commissione Europea mira a introdurre eccezioni più ampie per i cookie tecnici e statistici, ritenuti “innocui” da alcuni Stati membri come la Danimarca. L’intento è quello di distinguere in modo più netto tra strumenti indispensabili al funzionamento dei siti e quelli utilizzati per finalità di pubblicità mirata, su cui invece continueranno a gravare vincoli più stringenti.

In parallelo, l’industria digitale spinge per una maggiore integrazione tra le regole sui cookie e il GDPR, il regolamento europeo sulla protezione dei dati. Si discute della possibilità di adottare un sistema basato sull’analisi del rischio, che permetterebbe alle aziende di ricorrere a basi giuridiche alternative al consenso, come il legittimo interesse, per alcune operazioni di trattamento dei dati. Una prospettiva che trova favore tra molti operatori del settore, desiderosi di ridurre la complessità normativa e favorire l’innovazione.

Il rischio nascosto: liberi tutti

Tuttavia, non mancano le voci critiche. Le associazioni per la tutela della privacy, come European Digital Rights, mettono in guardia contro il rischio di un’eccessiva estensione della categoria dei cookie “essenziali”. Temono che strumenti di analytics o di pubblicità mirata possano essere inclusi tra le eccezioni, indebolendo così le tutele attualmente garantite agli utenti e aprendo la strada a nuove forme di profilazione.

La partita politica è solo all’inizio e si preannuncia complessa, con forti pressioni sia da parte delle lobby dell’industria digitale sia da parte dei sostenitori di una data protection rigorosa. Il tema sarà centrale anche nella futura Digital Fairness Act, la normativa europea in cantiere per regolamentare la pubblicità digitale e proteggere i consumatori da pratiche manipolative e poco trasparenti.

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