Digital Services Act (DSA): cos'è e perché X è al centro di un'indagine in Europa

La Commissione Europea apre un fascicolo a carico di X. La piattaforma ex Twitter potrebbe non aver fatto abbastanza per contrastare la diffusione di contenuti falsi o illegali. Per questo motivo, rischia una sanzione miliardaria.

Il Digital Services Act (DSA) è una normativa dell’Unione Europea che mira a regolare i servizi digitali, come i social media, i marketplace online e i motori di ricerca, al fine di garantire un ambiente online più sicuro e tutelare i diritti fondamentali degli utenti. La normativa si applica a piattaforme online di grandi dimensioni e, tra i suoi obiettivi principali, vi sono il contrasto all’espletamento di attività illegali e dannose, nonché il contrasto alla disinformazione (alias fake news).

Il contenuto del DSA fa il paio con un altro insieme di provvedimenti, quelli contenuti nel Digital Markets Act (DMA), che invece sono prevalentemente incentrati sulla promozione della libera concorrenza: le aziende e i servizi riconosciuti come gatekeeper, ad esempio, devono aprire i loro prodotti ai concorrenti rendendoli interoperabili.

DSA è già una realtà per le piattaforme individuate dalla Commissione Europea che hanno almeno 45 milioni di utenti nel Vecchio Continente; dal 17 febbraio 2024, tuttavia, la platea dei destinatari del provvedimento, sarà ulteriormente estesa.

X (ex Twitter) al centro di un’indagine della Commissione Europea: ecco le motivazioni

La Commissione Europea ha comunicato ufficialmente l’avvio di una procedura di infrazione nei confronti della piattaforma di social media X, precedentemente nota come Twitter. Sulla base degli adempimenti prevista nel DSA, X non si sarebbe adoperata per combattere la disinformazione e la pubblicazione di contenuti manipolati ad arte.

L’Autorità ha fatto presente di aver avviato il procedimento ai sensi del DSA “sulla base dell’indagine preliminare condotta finora, sul contenuto del rapporto di valutazione dei rischi presentato da X a settembre, sul rapporto sulla trasparenza di X pubblicato il 3 novembre e a valle delle risposte dell’azienda a una richiesta formale di informazioni che, tra le altre cose, riguardavano la diffusione di contenuti illegali nel contesto degli attacchi terroristici di Hamas contro Israele“.

Entrato in vigore a novembre 2022, l’apertura del fascicolo a carico di X è in assoluto la prima indagine di questo tipo nella storia del DSA.

Aziende come X sono tra l’altro chiamate a rimuovere contenuti che possano essere inquadrati come esempi di hate speech bilanciando i loro interventi con il diritto alla libertà di espressione comunque riconosciuto a ogni singolo individuo.

Su cosa si concentra l’indagine avviata dalla Commissione Europea sulla base del Digital Services Act

Come spiega anche il Commissario Thierry Breton, la procedura formale di infrazione si concentrerà sul rispetto da parte di X dei suoi obblighi di contrastare la diffusione di contenuti illegali nell’Unione Europea, sull’efficacia delle misure adottate dalla piattaforma per combattere la manipolazione delle informazioni e sulle sue misure per aumentare la trasparenza.

Sotto la lente della Commissione Europea ci sono anche le cosiddette spunte blu di X, ben note già nell'”era Twitter”. Si tratta di “coccarde” che contraddistinguono gli account verificati, quelli che dovrebbero corrispondere alle persone, ai professionisti e alle imprese dichiarati nel nome del profilo stesso. L’Europa vuole “mettere il naso” anche sul processo che porta all’assegnazione di queste spunte blu.

Nel caso in cui gli ispettori europei dovesse individuare profili di responsabilità da parte di X, l’azienda di proprietà di Elon Musk potrebbe essere sanzionata con un’ammenta fino al 6% dei ricavi annuali maturati a livello globale.

Musk ha preferito non rilasciare commenti. Anzi, ne ha rilasciato uno piuttosto sarcastico: “in questo momento sono occupato, per favore riprovare più tardi“.

Di recente, il noto attivista Max Schrems, “patron” di Noyb, ha presentato a sua volta una denuncia contro X affermando che la piattaforma di social media e microblogging avrebbe violato le norme dell’UE utilizzando illegalmente le opinioni politiche e le convinzioni religiose delle persone al fine di indirizzare loro annunci pubblicitari “ad hoc”.

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