Google ti obbliga a provare la tua età con foto e passaporto: perché succede

Google sta implementando un sistema di verifica dell’età per i contenuti 18+, richiedendo agli utenti selfie o documenti ufficiali. La misura, legata a nuove normative, solleva dubbi su privacy e anonimato.

In queste ore è emersa una notizia davvero significativa: numero crescente di utenti sta segnalando la comparsa di richieste di verifica dell’età da parte di Google per accedere a contenuti ritenuti “sensibili”, in particolare video YouTube classificati come 18+. Secondo le testimonianze e gli screenshot condivisi su Reddit, il sistema messo a punto dall’azienda di Mountain View richiede documenti ufficiali come patente di guida, passaporto carta di credito o un selfie per confermare l’età dell’utente.

Verifica età Google

Perché Google sta introducendo un sistema di verifica dell’età?

L’introduzione della novità appare strettamente legata all’approvazione di leggi federali e statali che negli USA impongono alle piattaforme online di verificare l’età degli utenti per l’accesso a contenuti potenzialmente dannosi per i minori. Tra queste, il Missouri ha recentemente approvato una legge, entrata in vigore il 30 novembre 2025, che obbliga gli utenti a dimostrare di avere almeno 18 anni per accedere a tali contenuti.

Un punto chiave della normativa riguarda i fornitori di sistemi operativi mobili con almeno 10 milioni di utenti: devono implementare un sistema di identificazione digitale che possa essere utilizzato dai siti Web e dalle applicazioni per verificare l’età degli utenti. Google e Apple stanno rispondendo a questa disposizione tramite i rispettivi portafogli digitali, Google Wallet e Apple Wallet, che consentono agli utenti di creare un ID digitale verificabile.

Tuttavia, le soluzioni proposte da Google e Apple non sono ancora sufficientemente convincenti per molti grandi siti Web. Aylo, società che gestisce popolari piattaforme per adulti come Pornhub, ha reagito bloccando completamente l’accesso agli utenti residenti in Missouri.

La questione normativa

È palese come Google stia implementando il suo sistema di verifica dell’età per venire incontro a un quadro normativo che, a livello internazionale, si è fatto sempre più complesso e articolato.

In Italia, sulla scorta della direttive europee sul tema, si sta puntando forte sul concetto di “doppio anonimato: il fornitore del sistema di verifica non conosce il sito o servizio per cui viene rilasciata la prova dell’età; a sua volta, il sito per adulti che l’utente intende visitare non riceve dati identificativi personali.

L’implementazione del sistema di verifica della maggiore età, come da prescrizioni AGCOM, è al momento in capo ai gestori dei siti Web che forniscono servizi per adulti, non in carico agli sviluppatori di browser Web e sistemi operativi. In prospettiva l’attestazione dell’età dovrebbe essere fornita dall’app di age verification della Commissione Europea, già funzionante (l’abbiamo provata) ma non ancora rilasciata pubblicamente né presente negli store ufficiali come Google Play Store ed Apple App Store.

La Germania, invece, punta sulla verifica dell’età fatta a livello di sistema operativo, browser e app, con l’introduzione predefinita di filtri parental control su tutte le piattaforme.

La scelta di Google non è quindi totalmente autonoma ed è una reazione all’ondata di leggi che impongono verifiche più rigide per limitare l’accesso dei minori ai contenuti 18+.

Le critiche degli utenti

L’introduzione della verifica dell’età non è priva di polemiche: molti utenti esprimono preoccupazioni riguardo alla sicurezza dei dati personali e alcuni cercano di aggirare le restrizioni tramite VPN. L’esperienza del Regno Unito, dove normative simili hanno portato a un aumento del 1400% delle registrazioni ai servizi VPN, mostra come l’adozione di sistemi di verifica possa generare comportamenti evasivi da parte degli utenti. Tante che adesso si prova a reprimerli avviando una crociata contro i servizi VPN.

Il metodo più contestato: la verifica con “selfie”

Nel caso di Google, la misura più criticata è quella di scattare un selfie che Google analizzerà per stimare l’età tramite AI. Gli utenti notano alcune falle evidenti:

  • È aggirabile semplicemente mostrando la foto di un’altra persona (diversi utenti confermano che funziona).
  • Una foto non è un mezzo tecnicamente affidabile per stabilire l’età.
  • Esistono adulti con tratti giovanili o adolescenti che sembrano più grandi: l’algoritmo non può essere preciso.
  • Google può disporre di strumenti più affidabili (i.e. data di nascita indicata al momento della creazione dell’account, vecchiaia dell’account, pagamenti effettuati).

Il paradosso: account di 18–20 anni trattati come “nuovi”

Diversi utenti veterani, con account Gmail creati ai tempi dell’invito privato (2004–2005), segnalano che Google non li considera automaticamente maggiorenni, nonostante l’età del loro account sia chiaramente superiore ai 18 anni. Google non usa l’età dell’account come prova della maggiore età, neppure come segnale utile.

Un Web sempre meno anonimo?

Secondo molti osservatori, con l’introduzione di nuove leggi nazionali sempre più “pressanti”, il Web starebbe entrando in una fase di de-anonimizzazione progressiva.

A questo proposito, ricordiamo che il Web NON è anonimo. Quando ci si presenta su un qualunque server Web, si utilizza un indirizzo IP pubblico che permette di identificarci univocamente. In generale, non è possibile risalire subito a un nome e cognome ma le Autorità, attraverso le indagini di polizia, possono facilmente risalire al titolare dell’utenza Internet corrispondente a uno specifico indirizzo IP.

Com’è noto, tanti soggetti, come provider di servizi Internet, piattaforme online e società di advertising, possono combinare l’indirizzo IP con cookie, dati di navigazione, informazioni di login, dettagli dei dispositivi e altre tracce digitali (meccanismi di fingerprinting) per profilare gli utenti, tracciarne i comportamenti e talvolta risalire alla loro identità reale.

Ciò che cambia con le soluzioni di verifica dell’età e la trasmissione di documenti di riconoscimento è che non si tratta più solo di collegare attività online a un IP o a un account, ma di associare direttamente dati personali ufficiali – come nome, cognome, documento d’identità e talvolta persino una foto – all’account dell’utente. Questo aumenta esponenzialmente il grado di identificabilità individuale e riduce drasticamente qualsiasi forma di privacy residua, trasformando l’account digitale in un vero e proprio “gemello digitale” della persona reale.

Ed è anche comprensibile con strumenti come VPN e Tor Browser facciano registrare continue impennate nelle rispettive quote di utilizzo a livello globale.

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