Huawei Mate 60 Pro: chip 5G e vendite ai massimi, in barba alle sanzioni USA

Huawei dimostra la sostanziale inefficacia delle pesanti sanzioni imposte dagli Stati Uniti e presenta uno smartphone all'avanguardia, Mate 60 Pro, con un chip realizzato da SMIC. Ed è subito record di vendite.

Huawei sta resistendo brillantemente alle sanzioni che le ultime amministrazioni USA hanno imposto a più riprese ai produttori cinesi. Ne sono testimonianza lampante le ottime performance di  vendita che ha fatto registrare un terminale come Huawei Mate 60 Pro. Sarebbero 16-17 milioni gli smartphone complessivamente venduti, un risultato convincente che fa tornare l’azienda ai fasti “pre-ban“.

Il nuovo Mate 60 Pro, inoltre, poggia il suo funzionamento su un SoC realizzato dal produttore cinese SMIC. Si tratta di un chip all’avanguardia che utilizza un processo costruttivo a 7 nm (N+2) e che rappresenta un traguardo di progettazione e produzione mai raggiunto prima da Huawei.

Huawei Mate 60 Pro è la risposta più netta alle sanzioni statunitensi

Il nome commerciale del SoC è Kirin 9000s e, come avvenuto storicamente, si pensava potesse essere realizzato dalla controllata HiSilicon. In realtà il dispositivo congegnato da SMIC per conto di Huawei costituisce un’importante pietra miliare: senza ricorrere alla litografia ultravioletta estrema (EUV), il produttore cinese è comunque riuscito a confezionare un SoC altamente prestazionale che integra anche il supporto 5G.

Come riporta TechInsights, che ha analizzato “i segreti” del chip cuore pulsante del Mate 60 Pro di Huawei, il die del nuovo Kirin 9000s misura 107 mm2, con un incremento del 2% rispetto ai 105 mm2 del Kirin 9000.

Il risultato ottenuto da Huawei dimostra che le sanzioni come quelle imposte dagli Stati Uniti sono di fatto poco utili e possono essere aggirate dalle aziende in possesso del know-how sufficiente per tenere testa alle sfide che affondano le radici in battaglie geopolitiche piuttosto che in reali motivazioni di tipo commerciale.

Alcuni media sostenevano (sbagliando) che Huawei fosse addirittura riuscita a importare il chip utilizzato nel Mate 60 Pro acquistandolo da TSMC prima dell’inasprimento delle sanzioni. Ciò non corrisponde al vero e l’ipotesi è confutata alla base dagli esperti di TechInsights, che presso i laboratori di Ottawa (Canada) ha svolto le verifiche per conto di Bloomberg.

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