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L’ecosistema digitale europeo si trova di fronte a una svolta epocale: la sospensione della pubblicità politica sulle principali piattaforme social, decisa da due giganti del settore, rappresenta un segnale forte della crescente complessità nella gestione delle nuove regole comunitarie. La mossa, innescata dall’introduzione della normativa TTPA (Transparency and Targeting of Political Advertising), pone interrogativi cruciali sull’equilibrio tra regolamentazione digitale e libertà di espressione, nonché sulle conseguenze pratiche per la comunicazione elettorale e la democrazia in Europa.
Cosa cambia da ottobre 2025
A partire da ottobre, Meta e Google interromperanno completamente la diffusione di annunci pubblicitari politici nell’Unione Europea. Questa decisione, maturata dopo settimane di confronto con le autorità comunitarie, arriva in risposta a una serie di nuovi obblighi imposti dalla TTPA, il regolamento europeo adottato nel 2024 che punta a rafforzare la trasparenza e la tutela dei cittadini nel contesto della comunicazione politica online.
Il cuore della normativa risiede nell’obbligo di una maggiore chiarezza sugli annunci a contenuto politico: ogni messaggio dovrà essere accompagnato da etichette specifiche, informazioni dettagliate sugli sponsor, indicazione dei costi sostenuti e sulle strategie di targeting adottate. In aggiunta, il regolamento vieta espressamente l’uso di dati sensibili per la profilazione degli utenti senza il loro consenso esplicito, un punto che ha sollevato non poche perplessità tra gli operatori del settore.
Meta, la società guidata da Mark Zuckerberg, ha reso nota la propria posizione attraverso un comunicato ufficiale pubblicato sul blog aziendale. Nel testo si sottolinea come i nuovi requisiti imposti dalla Unione Europea comportino “obblighi aggiuntivi significativi”, tali da rendere inefficace il servizio sia per gli inserzionisti sia per gli utenti finali. Dopo un lungo dialogo con le istituzioni europee, il gruppo ha ritenuto insostenibile mantenere la gestione della pubblicità politica secondo i nuovi standard richiesti, preferendo optare per una sospensione totale del servizio nell’area UE.
Una scelta analoga è stata adottata anche da Google, che in una nota ha messo in luce le “sfide operative significative e l’incertezza legale” derivanti dall’attuazione della nuova cornice normativa. L’azienda di Mountain View ha quindi deciso di sospendere ogni forma di annunci politici sulle proprie piattaforme, evidenziando la difficoltà di adattarsi in tempi brevi alle stringenti richieste in materia di trasparenza e gestione dei dati.
UE va avanti da sola
Questa doppia presa di posizione segna un nuovo capitolo nella relazione, sempre più articolata, tra le grandi aziende tecnologiche americane e l’Unione Europea. Negli ultimi anni, Bruxelles ha intensificato la propria azione regolatoria nel settore digitale, intervenendo in maniera decisa su temi come la protezione dei dati personali, la lotta alla disinformazione, la disciplina dell’intelligenza artificiale e, appunto, la regolamentazione digitale della pubblicità politica.
Le conseguenze della sospensione rischiano di essere profonde: la limitazione degli spazi digitali a disposizione di partiti e candidati potrebbe incidere in modo significativo sulle strategie di comunicazione elettorale, riducendo la capacità di raggiungere in modo mirato gli elettori attraverso strumenti digitali ormai considerati imprescindibili.
Il dibattito resta dunque aperto e particolarmente acceso: da un lato, la richiesta di regole più chiare e rigorose per arginare abusi e manipolazioni nell’ambito della pubblicità politica; dall’altro, il timore che l’eccesso di regolamentazione possa comprimere la pluralità delle voci e la qualità del dibattito pubblico.