Monopolio backup cloud su iOS: arriva la denuncia per Apple

Backup cloud su iOS, presentata una class action contro il monopolio di Apple e iCloud: cosa sta succedendo?

Negli scorsi giorni è stata avviata una class action nei confronti di Apple, accusata di detenere il monopolio dei backup cloud su iOS.

L’istanza, presentata presso la Corte distrettuale del distretto settentrionale della California, andrebbe a fare leva su alcuni aumenti di prezzo legati ai piani iCloud. A detta dei consumatori coinvolti nell’azione legale, gli stessi sarebbero forzati a utilizzare questo servizio per poter gestire i backup dei propri iPhone.

Bloomberg ha sottolineato come iCloud costituisce circa il 70% del settore cloud storage nell’ecosistema Apple, con gli utenti instradati verso tale piattaforma che sta però gradualmente aumentando i prezzi.

Cloud su iOS: i 5 GB gratis di iCloud non bastano e i prezzi continuano a salire

Va comunque detto che, quando si tratta di backup su cloud, le alternative non mancano di certo per l’ambiente iOS. Servizi come Google Drive, Dropbox e pCloud, rappresentano piattaforme utili per proteggere i propri dati.

Secondo chi ha aderito alla class action in questione, nonostante le alternative, affidarsi ad altri servizi sia reso più scomodo, con una sorta di “azione di disturbo” da parte della compagnia di Cupertino.

Allo stato attuale, iCloud offre 5 GB di spazio gratuito su cloud. Questo spazio considerevole, però, per molti utenti non è considerato sufficiente.

Con video, foto in alta risoluzione e altri dati voluminosi, tale spazio non è sufficiente per una buona fetta di utenza che, dunque, è costretta a mettere mano al portafoglio o trovare alternative che hanno difficoltà ad integrarsi con iOS. Rispetto all’azione legale, Apple non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali.

Quest’ultima contesa legale è solo l’ultima di una lunga lista che sta caratterizzando i primi mesi del 2024 della compagnia. In tal senso possiamo citare il Batterygate, con 14,4 milioni di risarcimento per gli utenti coinvolti, fino alla recente maxi-multa proveniente dall’UE.

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