Obblighi per i siti che devono rispettare DSA in Europa: ecco quali sono

Le piattaforme online e i motori di ricerca devono condividere i dati sugli utenti mensili. Chi supera una certa soglia è tenuto a implementare le misure definite all'interno del Digital Services Act (DSA), normativa piuttosto severa già in vigore nell'Unione Europea.

Il Digital Services Act (DSA) è una normativa vigente nell’Unione Europea che ha come obiettivo quello di promuovere spazi digitali più sicuri, tutelare i diritti fondamentali degli utenti finali e stabilire regole chiare volte a favorire l’innovazione, la crescita e la competitività, sia nel mercato unico europeo che a livello globale. Diventate pienamente operative a partire dal 16 dicembre 2022, le piattaforme digitali di grandi dimensioni avevano tempo per adeguarsi alle nuove norme fino al 2 maggio 2023. Adesso però il cerchio si stringe e spuntano pesanti obblighi per i siti che devono conformarsi al DSA. Vediamo quali sono e come la normativa tocca, in qualche modo e a stretto rigore, chiunque gestisca una piattaforma online.

Gli obblighi per i siti che devono rispettare gli adempimenti del DSA europeo

I siti Web chiamati a rispettare gli obblighi contenuti nel DSA europeo sono tenuti a mettere in campo una serie di misure tutt’altro che banali. Il DSA prevede infatti che le piattaforme online debbano rendere più semplice per gli utenti segnalare contenuti illegali; prescrive di dare priorità alle rimostranze pervenute da “segnalatori attendibili“; indica di fornire un mezzo per avanzare eventuali contestazioni (ricorsi) nei confronti delle decisioni di moderazione dei contenuti; prevede la pubblicazione di un rapporto annuale sulla trasparenza che dettagli i processi di moderazione dei contenuti e permetta di rafforzare i sistemi al fine di garantire un elevato livello di privacy e sicurezza, tutelando allo stesso tempo l’incolumità dei minori.

La pagina pubblicata sul sito della Commissione Europea, riassume i principali obblighi previsti dalla vigente normativa.

Poco prima di Natale, la Commissione Europea ha aperto un fascicolo a carico di X (ex Twitter) contestando proprio la mancata applicazione delle disposizioni del DSA e più di recente l’organo esecutivo dell’Unione Europea, attualmente presieduto da Ursula von der Leyen, ha rivolto la sua attenzione nei confronti di tre siti porno (Pornhub, Stripchat e XVideos) designandoli come “piattaforme online molto grandi“. L’appellativo utilizzato, che all’apparenza può sembrare poco qualificante, è invece proprio il nocciolo della questione.

Cosa sono i VLOP e i VLOSE

DSA classifica le piattaforme online e i motori di ricerca che hanno più di 45 milioni di utenti al mese entro i confini dell’Unione Europea come “piattaforme online di dimensioni molto grandi“(VLOP) e “motori di ricerca online di dimensioni molto grandi” (VLOSE).

La Commissione ha iniziato a designare i VLOP (very large online platforms) e i VLOSE (very large online search engines) attualmente operativi online sulla base dei numeri degli utenti attivi, forniti dalle stesse piattaforme e dai motori di ricerca. Indipendentemente dalle dimensioni, tali dati dovevano essere pubblicati entro il 17 febbraio 2023 e aggiornati con frequenza semestrale.

Una volta che la Commissione designa una piattaforma come VLOP o un motore di ricerca come VLOSE, il servizio che riceve comunicazione del suo nuovo “status” dispone di 4 mesi di tempo per adeguarsi alle prescrizioni contenute nel DSA. I tre siti citati in precedenza, ad esempio, sono formalmente esortati a mettersi in regola entro e non oltre il 17 febbraio 2024.

Ovviamente, la Commissione si impegna a revocare eventuali decisioni intraprese nel caso in cui le piattaforme non dovessero superare la soglia di 45 milioni di utenti mensili per un intero anno.

La lista dei VLOP e VLOSE (questi ultimi, tra i motori di ricerca, sono al momento soltanto Google e Bing) contiene per adesso 19 nomi a quali si aggiungono i già citati Pornhub, Stripchat e XVideos.

Un provvedimento che, potenzialmente, riguarda tutti coloro che gestiscono piattaforme online

È scontato che la Commissione Europea e gli investigatori delle Autorità centrali conoscono bene quali siano i siti Web potenzialmente destinatari degli adempimenti del DSA.

Come confermato nel documento “Guidance on the requirement to publish user numbers“, disponibile anche in lingua italiana, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento sui servizi digitali (DSA), “i prestatori di piattaforme online e di motori di ricerca online sono tenuti a pubblicare, per ciascuna piattaforma o motore di ricerca che gestiscono, informazioni sulla media mensile dei destinatari attivi del loro servizio nell’Unione. Tutto ciò entro il 17 febbraio 2023 e successivamente almeno una volta ogni sei mesi, in una sezione della loro interfaccia online che sia accessibile al pubblico“.

Tradotto, chiunque disponga di un sito o di una piattaforma online deve far conoscere – attraverso una sezione pubblicamente accessibile – le performance mensili in termini di traffico. I dati devono riferirsi solo ed esclusivamente agli utenti che accedono al servizio dagli Stati membri dell’Unione Europea e non da client posizionati al di fuori dei confini.

Il regolamento non impone di notificare le informazioni sulla media mensile degli utenti alla Commissione europea o a qualsivoglia altra Autorità nazionale, a meno che ciò non sia espressamente richiesto.

Nel caso delle piattaforme ecommerce o di altri strumenti online che permettono anche l’acquisizione di beni o servizi, inoltre, gli utenti da conteggiare su base mensile sono tutti quelli che in qualche modo interagiscono con il sistema, non soltanto coloro che effettuano transazioni economiche.

Sanzioni potenzialmente molto severe

Le sanzioni per il mancato rispetto dei requisiti del DSA possono rivelarsi particolarmente salate, anche per le multinazionali più solide e strutturate.

I titolari delle piattaforme possono essere multati fino al 6% delle loro entrate globali annuali. La Commissione può anche imporre sanzioni fino al 5% delle entrate medie giornaliere a livello mondiale per ogni giorno di ritardo, allorquando VLOP e VLOSE non applicassero gli interventi prescritti, le misure provvisorie o gli impegni pattuiti.

In casi estremi, la Commissione Europea può anche chiedere ai tribunali nazionali di bloccare l’accesso a determinati servizi, utilizzando le soluzioni tecniche ritenute più efficaci.

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