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Nel panorama dell’esplorazione spaziale, le insidie legate a terreni sconnessi e le sfide imposte dalla gravità stanno ridefinendo i parametri di successo delle missioni robotiche.
Un recente studio ha portato alla luce un problema cruciale che affligge i rover spaziali: la tendenza a sottovalutare i rischi di insabbiamento quando si eseguono i test terrestri, a causa di simulazioni che non riflettono le condizioni reali di altri corpi celesti.
Gli ingegneri dell’Università Wisconsin Madison hanno analizzato le procedure di preparazione dei veicoli destinati a missioni Marte e lunari, evidenziando come i test condotti nei deserti terrestri non riescano a replicare fedelmente la risposta del suolo in condizioni di bassa gravità. Questi ambienti, seppur simili all’apparenza, differiscono sostanzialmente per la dinamica delle particelle di sabbia e la capacità portante del terreno, elementi che possono mettere a repentaglio l’operatività dei veicoli durante le missioni reali.
Chrono aiuterà i rover spaziali a non insabbiarsi
A giocare un ruolo determinante in questa scoperta è stato un simulatore noto come Chrono, un software open-source già adottato in ambito militare per valutare le prestazioni di veicoli off-road. Il team di ricerca, con esperienza diretta nello sviluppo del rover VIPER NASA, ha sfruttato la potenza di calcolo di Chrono per simulare con precisione l’interazione tra le ruote dei rover e la superficie di Luna e Marte. I risultati sono stati inequivocabili: la sabbia extraterrestre, sottoposta a una gravità inferiore rispetto a quella terrestre, risulta notevolmente più cedevole, incrementando il rischio che i veicoli si blocchino o perdano trazione.
Le implicazioni di queste scoperte sono tangibili, come dimostrano le storie travagliate di Spirit, Opportunity e Perseverance, tre dei più celebri rover inviati dalla NASA su Marte. Anni fa, Opportunity rimase intrappolato nella sabbia marziana per diverse settimane, richiedendo manovre delicate e complesse per essere liberato. Spirit, invece, incontrò una sorte meno fortunata: dopo due anni di tentativi infruttuosi, la missione fu dichiarata conclusa a causa dell’impossibilità di estrarre il rover da una pendenza sabbiosa. Anche Perseverance ha dovuto affrontare ostacoli simili, con una punta di trapano rimasta bloccata nel terreno.
Lo studio, pubblicato sulle pagine del Journal of Field Robotics, rappresenta un avanzamento significativo per l’affidabilità delle future missioni spaziali. Il lavoro degli ingegneri dell’Università Wisconsin Madison si inserisce in un filone di ricerca condiviso con istituzioni di rilievo internazionale, tra cui il Jet Propulsion Lab della NASA e l’Army Ground Vehicle Systems Center, con l’obiettivo di sviluppare metodologie di test sempre più aderenti alla realtà extraterrestre.
La versatilità di Chrono si è già dimostrata preziosa in altri ambiti, come nel caso della missione del lander Mascot sull’asteroide Ryugu, coordinata dal Politecnico di Milano, e nella progettazione di meccanismi miniaturizzati per orologi di precisione. Questa flessibilità apre nuove prospettive anche per l’ottimizzazione di veicoli e strumenti destinati a operare in condizioni estreme e imprevedibili.