Solo l'11% degli imprenditori ritiene che l'AI taglierà posti di lavoro

Il sondaggio Creatio mostra che la maggioranza dei dirigenti vede gli agenti AI come supporto al lavoro umano.
Solo l'11% degli imprenditori ritiene che l'AI taglierà posti di lavoro

Nel panorama lavorativo contemporaneo, la collaborazione tra uomo e macchina si configura come una delle tematiche più dibattute e attuali.

La recente indagine condotta da Creatio, piattaforma specializzata in CRM, offre uno sguardo nuovo e meno allarmistico sul ruolo dell’Intelligenza Artificiale nei contesti aziendali. Contrariamente ai timori di una sostituzione massiva dei lavoratori, il sondaggio evidenzia come la percezione dominante tra i dirigenti sia quella di una sinergia tra esseri umani e tecnologie emergenti, dove l’AI si trasforma in un prezioso alleato piuttosto che in un rivale da temere.

I dati parlano chiaro: solo l’11% degli imprenditori intervistati si aspetta una riduzione significativa del personale a causa dell’automazione, mentre una larga maggioranza, pari all’83%, ritiene che gli agenti AI siano destinati ad affiancare e potenziare i dipendenti, non a sostituirli. Questo orientamento si riflette nella crescente attenzione verso modelli organizzativi in cui la tecnologia assume il ruolo di collega digitale, capace di gestire le attività più ripetitive e liberare tempo prezioso per incarichi a più alto valore aggiunto.

Un sondaggio che va controtendenza

La discussione sull’impatto dell’AI nel mondo del lavoro si muove su un doppio binario: da un lato, c’è chi ne esalta il potenziale nell’incrementare produttività, efficienza e qualità dei processi; dall’altro, non mancano le preoccupazioni legate alla necessità di acquisire nuove competenze e al rischio di un aumento dello stress tra i lavoratori, chiamati a fronteggiare una trasformazione profonda e talvolta repentina.

Emblematico è il caso di Asana, azienda che ha scelto di investire nello sviluppo di agenti AI denominati AI Teammates. Questi strumenti, concepiti come veri e propri colleghi digitali, si occupano di mansioni ripetitive e routinarie, consentendo ai professionisti di dedicarsi ad attività che richiedono maggiore creatività, strategia e interazione umana. Una visione, questa, che punta a valorizzare il capitale umano e a rendere la tecnologia un catalizzatore di crescita e innovazione.

Non mancano, tuttavia, prospettive più critiche. Figure di spicco come Dario Amodei di Anthropic e Sam Altman di OpenAI hanno espresso dubbi sulla tenuta occupazionale di molte professioni impiegatizie, prevedendo che l’avanzata della automazione possa comportare, nei prossimi anni, una significativa contrazione dei posti di lavoro in alcuni settori. Tali previsioni contribuiscono ad alimentare un clima di incertezza, come dimostra il fatto che oltre il 70% degli americani teme ripercussioni negative sull’occupazione.

In questo scenario complesso, le aziende sono chiamate a trovare un equilibrio tra innovazione e responsabilità sociale. L’implementazione delle nuove tecnologie viene affiancata da investimenti in formazione professionale, con l’obiettivo di fornire ai lavoratori gli strumenti necessari per affrontare il cambiamento e mantenere la propria competitività sul mercato.

Al di là dei sondaggi, di fatto, il proliferare dell’AI ha già avuto ripercussioni evidenti sul mercato del lavoro, soprattutto per quanto concerne l’occupazione dei giovani.

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