Amazon denunciata per l'aumento delle tariffe di Prime Video

Aumento delle tariffe di Prime Video? Uno studio legale americano non ci sta è prepara una class-action: ecco cos'è successo.
Amazon denunciata per l'aumento delle tariffe di Prime Video

Nel contesto del suo servizio Prime Video, Amazon ha di recente effettuato alcune modifiche che sono state decisamente mal digerite dall’utenza.

L’integrazione degli annunci pubblicitari e l’eliminazione di Dolby Vision e Atmos per gli utenti non paganti hanno irritato non poco molti, tanto che è stata avviata una vera e propria class-action che punta a portare il colosso informatico in tribunale.

Ad avviare la procedura è stato uno studio legale di Santa Monica che si è rivolto al tribunale federale della California, sostenendo che Amazon avrebbe violato il contratto con gli abbonati e infranto le leggi sulla protezione dei consumatori.

Come riportato da The Hollywood Reporter, gli avvocati affermano “Per anni, Amazon ha pubblicizzato che il suo abbonamento Prime includeva lo streaming senza pubblicità di film e programmi TV. Come altri consumatori, il querelante ha acquistato l’abbonamento Prime, ritenendo che avrebbe incluso lo streaming senza pubblicità di film e programmi TV. Ma non è così“.

Aumento delle tariffe di Prime Video? Lo studio legale non ci sta e prepara una class-action

Amazon, dal canto suo, ha già spiegato come l’aumento di prezzi è un sacrificio necessario per ottenere liquidità da investire nella produzione di serie TV, documentari e altri contenuti esclusivi di Prime Video.

Per molti utenti, però, questa spiegazione è un po’ una forzatura, anche vista la qualità dei contenuti della piattaforma che, per quanto riguarda le produzioni in proprio, sembra non poter gareggiare con gli altri competitor del settore.

Di fatto, sembra più semplicemente che Amazon abbia seguito l’esempio di Netflix, con l’introduzione della pubblicità nel piano Base per ottenere maggiori introiti e, allo stesso tempo, spingere l’utenza verso le sottoscrizioni più costose.

Che si tratti di mosse con una logica o meno, il risultato è sempre lo stesso: il consumatore, per fruire dei servizi streaming, dovrà affrontare spese sempre maggiori.

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