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Un nuovo terremoto scuote la Silicon Valley: il colosso Meta si trova travolto da una serie di accuse che potrebbero cambiare per sempre il panorama della tecnologia globale.
Quattro informatori si sono fatti avanti contro Mark Zuckerberg, sollevando dubbi profondi sulla gestione della sicurezza minori nelle piattaforme di realtà virtuale e sulla tutela dei dati utenti, in particolare su WhatsApp. Il caso, che coinvolge anche la Federal Trade Commission, promette di avere ripercussioni significative sull’intero settore.
Le contestazioni partono da una questione di fondo: secondo quanto emerso, Meta avrebbe adottato politiche interne estremamente restrittive dopo il celebre scandalo dei “Facebook Documents” del 2021. Secondo le testimonianze raccolte, l’azienda avrebbe imposto un controllo legale capillare sulle ricerche relative a temi sensibili, in particolare quelli che riguardano la sicurezza dei minori nei nuovi ambienti digitali. Alcuni studi, giudicati potenzialmente dannosi per l’immagine del gruppo, sarebbero stati rifiutati, alterati o addirittura bloccati prima della pubblicazione.
Ombre su Meta: il caso Baig
Secondo quanto riportato dal sito Gigazine.net, a gettare ulteriore benzina sul fuoco è la testimonianza di un ex ricercatore interno, che racconta un episodio particolarmente inquietante: gli sarebbe stato ordinato di cancellare la registrazione di un tentativo di adescamento ai danni di un bambino di 10 anni avvenuto sulla piattaforma Horizon Worlds, uno degli ambienti di realtà virtuale di punta di Meta. La vicenda sarà oggetto di una specifica udienza davanti al Senate Judiciary Committee, già fissata per settembre 2025, segno della rilevanza che il caso sta assumendo anche a livello istituzionale.
Ma non è tutto. In parallelo, si è aperto un secondo fronte legale guidato da Ataullah Baig, ex responsabile della cybersecurity di WhatsApp. Baig ha avviato un’azione legale dirompente, sostenendo che circa 1.500 ingegneri abbiano avuto accesso illimitato ai dati utenti della popolare app di messaggistica, in aperta violazione dell’accordo da 5 miliardi di dollari siglato tra Meta e la Federal Trade Commission. Secondo Baig, la mancata protezione dei dati avrebbe portato al furto di 400 milioni di profili e all’hackeraggio di 100.000 account ogni giorno, numeri che sollevano interrogativi enormi sulla reale sicurezza delle informazioni affidate a WhatsApp.
Baig sostiene inoltre di aver più volte segnalato queste vulnerabilità ai massimi vertici aziendali, incluso Mark Zuckerberg, senza però ottenere risposte concrete. Il suo licenziamento, avvenuto nel febbraio 2025, viene descritto come una vera e propria ritorsione nei confronti di chi aveva osato denunciare criticità interne. L’ex manager dipinge un ambiente lavorativo all’interno di Meta definito “simile a una setta”, dove ogni forma di dissenso viene sistematicamente soffocata.
La risposta ufficiale di Meta non si è fatta attendere. L’azienda respinge con forza tutte le accuse, definendole tentativi orchestrati di “creare una narrazione falsa” e ribadendo di aver autorizzato numerosi studi indipendenti sulla sicurezza minori dal 2022 a oggi. Riguardo alle contestazioni mosse da Baig, il gruppo sottolinea che si tratterebbe di affermazioni provenienti da un ex dipendente insoddisfatto, le cui accuse di ritorsione sarebbero già state rigettate dal Dipartimento del Lavoro.