Schmidt: attenzione alla privacy ma no al "Protect IP"

Riconsegnata la carica di CEO dell'azienda nelle mani di Larry Page, cofondatore di Google insieme con Sergey Brin, Eric Schmidt - ora presidente esecutivo del colosso di Mountain View - ha parlato a tutto campo di privacy e di tutela del diritto d'a...

Riconsegnata la carica di CEO dell’azienda nelle mani di Larry Page, cofondatore di Google insieme con Sergey Brin, Eric Schmidt – ora presidente esecutivo del colosso di Mountain View – ha parlato a tutto campo di privacy e di tutela del diritto d’autore.
In primis, Schmidt ha dichiarato che la sua società eviterà le valutazioni superficiali che talvolta sono state effettuate in materia di tutela della privacy. Ciò per venire incontro soprattutto alle ripetute richieste europee: è proprio dal Vecchio Continente che è infatto arrivato il maggior numero di critiche sul tema del trattamento dei dati personali. Schmidt ha però ricordato che perfino in Germania, Paese che ha già più osteggiato il servizio Street View, quest’ultimo continui a raccogliere l’apprezzamento degli utenti.

Il presidente esecutivo di Google ha poi chiarito la sua posizione in merito alle nuove norme (“Protect IP“) che sono al momento al vaglio dei parlamentari statunitensi. Senza usare mezzi termini, Schmidt ha dichirato che se la legge che permetterà al governo USA di stilare delle “liste nere” con l’obiettivo di bloccare l’accesso a determinati siti web Google continuerà, senza dubbio, a dar battaglia a tali disposizioni. Nel corso di una conferenza tenutasi a Londra, Schmidt ha dichiarato che l’approvazione del “Protect IP Act” creerebbe un pericoloso precedente e minerebbe alla libertà di espressione in Rete. Il numero due di Google suggerisce al legislatore massima cautela nell’affrontare un argomento così spinoso e non vede, nel “blacklisting” di un sito web a livello DNS la soluzione per tutti i mali.
I vertici di MPAA (“Motion Picture Association of America“) hanno definito “oltraggiosi” i commenti di Schmidt e Michael O’Leary, uno dei dirigenti dell’associazione che tutela i diritti e gli interessi dei principali studi cinematografici d’oltreoceano, ha osservato in una nota come sia sorprendente che Google voglia porsi al di sopra delle leggi USA.

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